Come usare correttamente una chiave dinamometrica

L’articolo di oggi è dedicato alla chiave dinamometrica: uno strumento ancora poco conosciuto dai professionisti dei lavori domestici, ma indispensabile per chi ripara attrezzature e strutture più complesse in officina o nei cantieri.

Sebbene non sia molto diffusa, la chiave dinamometrica viene usata ormai da anni da chi ha bisogno di sapere e misurare con certezza la forza impiegata per serrare un elemento di fissaggio.

Qui di seguito scoprirai come funziona questo strumento ad alta precisione e come usarlo correttamente in modo da non compromettere il funzionamento dei dispositivi o la stabilità delle strutture.

 

Cos’è una chiave dinamometrica

Prima di capire come usarla, vediamo quali sono le caratteristiche che rendono la chiave dinamometrica uno strumento ad alta precisione.

La chiave dinamometrica (detta anche “torsiometrica”) è un attrezzo simile a una chiave a cricchetto, ma con una peculiarità: al suo interno presenta un meccanismo che riesce a segnalare a chi usa la chiave il raggiungimento del valore di coppia impostato.

Di conseguenza, usando una chiave dinamometrica è possibile controllare con esattezza il serraggio di viti, dadi e bulloni al valore di coppia corretto (quindi senza sforzarli) e assicurarsi, ad esempio, che tutti gli elementi di serraggio di un apparecchio o di una struttura siano avvitati con la stessa forza.

Esistono tre tipi principali di chiave dinamometrica: digitale, a scatto e a lancetta. Vediamoli nel dettaglio.

 

Chiave dinamometrica digitale

La chiave dinamometrica digitale (detta anche “elettronica”) è quella in assoluto più moderna che presenta una serie di strumenti che semplificano notevolmente la vita di chi la usa.

Prima di tutto, questo strumento ha un display elettronico su cui è semplicissimo impostare e leggere i valori senza correre il rischio di errori di lettura o di parallasse, come invece può capitare con altri modelli.

Inoltre, le chiavi dinamometriche elettroniche presentano un cicalino integrato che avverte l’utente con un suono quando ci si avvicina e si raggiunge il livello di serratura impostato in precedenza.

Una chiave del genere è semplice da usare anche per i meno esperti e potrebbe tornare utile in ambito domestico, ad esempio per la montatura di dondoli e mobili da giardino.

 

Chiave a scatto

Questo è il tipo di chiave dinamometrica più comune e popolare sia tra i professionisti che tra i dilettanti perché non richiede il controllo costante dei valori di serraggio durante il lavoro.

Si tratta di un modello molto simile alla chiave a cricchetto. Prima di iniziare, si imposta il valore di serratura desiderato e si inizia ad avvitare il bullone o il dato. Una volta raggiunto il valore preimpostato, la chiave “scatta” cioè, emette un click. Dopo essere scattata e aver raggiunto il “click”, la chiave dinamometrica a scatto smette di trasferire il movimento di torsione all’elemento di fissaggio.

Per utilizzare correttamente una chiave dinamometrica a scatto, è necessario sapere come viene impostato il valore desiderato utilizzando la scala principale e secondariale apposite manopole che si trovano sul manico della chiave.

 

Chiave a lancetta

La chiave dinamometrica a lancetta è il primo modello di chiave dinamometrica ad essere stato inventato e, come tale, risulta ormai poco comodo e sta lentamente cadendo in disuso. Al contrario dei precedenti, infatti, questa chiave non dà la possibilità di impostare il valore di serraggio in anticipo.

Questo strumento assomiglia al dinamometro da laboratorio. Come dice il nome stesso, la chiave dinamometrica a lancetta presenta una sorta di quadrante perpendicolare al manico lungo il quale si muove una lancetta che serve, appunto, per controllare la forza con cui viene serrato il dado o bullone.

Data la sua forma caratteristica, non è adatta per essere impiegata nei luoghi difficili da raggiungere. Allo stesso tempo, il suo sistema di misurazione è poco preciso non solo perché la chiave dinamometrica non si blocca al raggiungimento di un valore impostato, ma anche e soprattutto perché non è di semplice lettura.